venerdì 12 novembre 2010

Vox populi.

Centocinquant’anni fa’ con l’Unità d’Italia  una capitale, Torino, venne declassata a comune città capoluogo del Piemonte, e la capitale d’Italia  divenne Firenze, in attesa della proclamazione di Roma, come avvenne infatti nel 1870. Ebbene dato che sotto il governo di Casa Savoia c’era la libertà di opinione e di espressione, non tutti i cittadini erano soddisfatti di quel che avveniva a Firenze: troppe feste per celebrare i recenti trionfi in guerra, tra i Senatori  alcuni non erano considerati all’altezza del loro compito e in quanto al grande Re Vittorio Emanuele II non tutti apprezzavano la sua propensione per le belle donne e quindi il popolo dichiarò: “A Firenze meno feste, al Senato miglior teste, al popolo più pane e al Re meno pu….ne!”.
Pochi anni prima la cognata del Re, Elisabetta di Sassonia, vedova di Ferdinando Duca di Genova e madre di colei che fu poi la Regina Margherita, sposò in segreto, ma non troppo, un gentiluomo di Corte il Marchese Niccolò Rapallo, non giudicato all’altezza di tali nozze, e il popolo parlò; “Per aver posto oh misera l’incauto piede in fallo, cadesti a capitombolo da Genova a Rapallo!”.
Quando il Congresso di Vienna nel 1815 confermò alla Casa di Borbone  la sovranità su Napoli e Sicilia  stabilì l’Unità dei due Reami col nome ufficiale di Regno delle Due Sicilie, e il Re Ferdinando che era stato Ferdinando IV a Napoli e Ferdinando III in Sicilia, divenne  Ferdinando I, e il popolo commentò: “Fosti quarto, fosti terzo, or t’ intitoli primiero, se continui nello scherzo finirai per esser zero….!”.
Ancor prima e nientemeno che tra gli antichi romani, la Storia ci ha tramandato la vicenda di Clelia una giovinetta data in ostaggio nel 507 avanti Cristo a Porsenna Re degli Etruschi.Ebbene l’intrepida Clelia riuscì a fuggire e nuotando nel Tevere tornò a Roma .Una voce del popolo commentò con tono piccante: “Quando la vergin Clelia passava a nuoto il Tevere faceva a tutti vèdere lo scatolin del pevere….”.
In epoca fascista le tiritere ironiche si diffusero abbondantemente spesso con toni molto scurrili come quella che inizia con la nascita di Mussolini :” Se Rosa colpita da benigna luce.. eccetera” non vogliamo scendere nella trivialità quindi ci fermiamo qui!
Livio Orlandini

La credibilità delle Istituzioni.

L’Arcivescovo di Napoli, un Cardinale di Santa Romana Chiesa, indagato per corruzione in campo finanziario, don Pierino Gelmini un prete notissimo nel settore dell’assistenza ai tossicodipendenti, rimandato a giudizio per molestie sessuali nientemeno che a dodici ragazzi, decine di casi di pedofilia consumati da ecclesiastici di vario grado ai danni di minorenni , questo solo in campo cattolico segnalato dalle cronache negli ultimi giorni.  Se si considera che i reati sessuali a danno di minori sono tra i  fatti più gravi e giustamente perseguiti dal codice penale  e si realizza che questi fatti sarebbero stati compiuti da uomini di religione legati al voto di castità, c’è da inorridire, quando poi si tiene presente l’atteggiamento della Chiesa che considera peccato ogni atto impuro commesso fuori dal matrimonio.
Se poi si scorrono le cronache che si occupano di altre corruzioni in campo politico a scopo di illecito arricchimento qui, mentre si può dichiarare che si tratta di un male antico, non c’è che l’imbarazzo della scelta.
Alcuni contribuenti onesti hanno avuto delle perplessità a sottoscrivere l’offerta dell’8 per mille alla Chiesa Cattolica perché i soliti bene informati sostengono che da tali enormi capitali vengono attinte le somme per tacitare le vittime dei preti sporcaccioni. Ebbene , anche se questo può avere un fondo di verità, non si deve dimenticare l’azione immensa di aiuto che con queste offerte la stragrande maggioranza dei sacerdoti per bene aiuta in cento maniere diverse chi ne ha bisogno in ogni parte del mondo.Ecco perché vale il vecchio detto di non fare di ogni erba un fascio, oppure che una mela marcia non significa che tutto il cesto di mele è marcio, e quindi, dopo aver ribadito che uno è colpevole solo dopo una sentenza di colpevolezza, è logico e saggio avere ancora fiducia nelle Istituzioni, siano religiose che civili, correggendo o modificando quelle superate, ma considerando che siamo cittadini di un mondo libero.
Livio Orlandini

Commemorando i 150 anni dell’Unità d’Italia.

Sono iniziate le cerimonie ufficiali per ricordare questo storico avvenimento ma il comune cittadino non può fare a meno di notare che accanto al nome glorioso dell’Eroe dei Due Mondi, Giuseppe Garibaldi, o all’ideologo Giuseppe Mazzini, solo en passant venga citato il ruolo di Casa Savoia nella realizzazione di questo evento epocale.quasi che l’azione della Dinastia sia stato soltanto marginale..Dato che il clou delle ricorrenze cadrà nel 2011, ci si augura che in questo frattempo ci sia un cambiamento di rotta per rispetto, se non all’intelligenza della gente, almeno alla verità storica..
In parallelo con il ricordo di quanto avvenne negli anni 1859/60/61, hanno ripreso fiato alcuni opinionisti di parere contrario che hanno rispolverato vecchi slogan circa la “piemontizzazione “ dei territori che formavano il regno delle Due Sicilie, o addirittura l’azione di rapina che i Piemontesi (chiamando così gli Italiani animatori del Risorgimento) hanno effettuato sulle ricchezze delle popolazioni del Meridione.
Se si considera che dal 1861, anno dell’annessione, al 1946 , anno del referendum istituzionale, sono trascorsi 85 anni e se si tiene presente che i cittadini italiani delle province meridionali votarono in stragrande maggioranza per il mantenimento della Monarchia quindi per Casa Savoia e per il Re, vengono spontanee alcune considerazioni: 1) non risulta che queste popolazioni fossero affette da mania auto lesionista tanto da parteggiare per chi li aveva derubati e taglieggiati, 2) in 85 anni avrebbero avuto tutto il tempo per vendicarsi dei presunti torti subiti dai “tiranni piemontesi”.
.Anche in occasione del ritorno a Napoli dopo l’abrogazione della legge d’esilio, dei Principi di Casa Savoia, alcuni esponenti del movimento cosiddetto “neo-borbonico”inscenarono contro manifestazioni di benvenuto con cartelli dove una delle parole meno pesanti era:”assassini”e allora il medesimo comune cittadino sopra citato si chiede come mai questi contestatori non abbiano fatto sentire la loro voce il 2 giugno 1946 .
E’indubbio che le regioni del sud dell’Italia non hanno avuto in questi ultimi 150 anni lo stesso rigoglio industriale e economico del settentrione , ma questo non è certo dipeso dall’annessione e quindi dall’Unità del Paese, anzi. Sono stati versati fiumi d’inchiostro per sviscerare le ragioni di tale situazione ma le tappe del progresso si vedono e come nell’alto livello di civiltà della maggioranza della gente del sud che negli ultimi anni dell’esistenza del Reame delle Due Sicilie viveva in una condizione che a giudizio del politico coevo britannico Gladstone era “la negazione di Dio”
Livio Orlandini

Bisanzio docet

Nel 1149 in occasione della seconda Crociata il Re di Francia Luigi VII detto il Pio, in compagnia della moglie l’inquieta Eleonora d’Aquitania furono ospiti, nella reggia di Costantinopoli, dell’Imperatore Manuele I Comnenos, uno dei più notevoli sovrani bizantini. Pur abituati agli agi della loro residenza di Parigi la coppia reale francese fu colpita dal fasto della corte del basileus  che a detta dei cronisti dell’epoca, non aveva eguale in tutto il mondo conosciuto di allora . Il Re e la Regina di Francia tardavano ad accomiatarsi dal basileus e quando finalmente si decisero a togliere il disturbo l’Imperatore Manuele si dimostrò profondamente afflitto e li scongiurò di trattenersi ancora il che, nel linguaggio elaborato di corte voleva dire: “..era ora, non vedo il momento che ve ne andiate ..” Questo è autentico “bizantinismo” con una lezione dove la diplomazia e la politica specialmente italiana hanno attinto a piene mani.
Quello che in epoca moderna chiamiamo Bisanzio o Impero bizantino è una delle costruzioni statali che è durata più a lungo , infatti col titolo ufficiale di Impero Romano d’Oriente ha avuto inizio nell’anno 395  dopo Cristo ed è terminato nel 1453. Solo l’invadenza e l’invasione dei mussulmani con alla testa il Sultano Maometto II hanno posto fine allo Stato bizantino dopo più di mille anni di dominio nei Balcani e nell’Asia Minore con una diffusione di altissima civiltà, di cultura e perché no anche di scaltrezza diplomatica .
Sul trono del basileus si sono succedute diverse dinastie generalmente discendenti le une dalle altre come gli Angelos dopo i loro parenti Comnenos, e i Palaiologos discendenti dagli Angelos. L’Epopea delle Crociate  e diverse parallele vicende  storiche avevano visto un momentaneo esilio dei Sovrani ortodossi e l’instaurazione di un Impero Latino (1204-1261) così come la creazione di nuovi stati come l’Impero di Trebisonda fondato da un ramo dei Comnenos che, modestia a parte,si proclamarono Megas Comnenos (Gran Comneno).Nel corso dei secoli la pressione turca si era fatta assillante e lo stato bizantino si era costantemente ridotto di estensione fino  a poco più della capitale difesa fino alla morte dall’ultimo Sovrano Costantino XI che cadde combattendo da eroe sulle mura di Costantinopoli. I turchi furono spietati con i prigionieri con stragi atroci e conversioni forzate all’Islam.Dopo pochi anni di resistenza anche l’Impero di Trebisonda fu invaso nel 1461 e la famiglia imperiale dei Megas Comnenos fu sterminata.
Anche se il turista moderno, al di là della splendida basilica di santa Sofia troverà poche tracce di Bisanzio visitando Costantinopoli, ribattezzata Istanbul, pure il fascino della favolosa civiltà bizantina aleggia ancora in queste ammalianti regioni.
Livio Orlandini


giovedì 11 novembre 2010

(Lettera aperta) a Maria Gabriella di Savoia

Altezza Reale, la sera di venerdì 16 luglio molti telespettatori hanno seguito su RAI 3 una interessantissima trasmissione dedicata ai personaggi della Sua Famiglia. Nel modesto panorama dei palinsesti estivi si è trattato di una ventata culturale che penso abbia avuto una audience soddisfacente. Alcuni brani di questa trasmissione si erano già visti come la toccante intervista a Suo Padre , nonché quella colta e spontanea a Sua Madre sugli argomenti salienti degli anni della guerra perduta, ma è stato piacevole e commovente rivederli. Si è apprezzato altresì il modo diretto e convincente con cui Lei Altezza ha risposto alle domande dell’intervistatore sui suoi rapporti con i suoi Genitori a proposito dei medesimi argomenti. Ultimamente il Suo nome è stato coinvolto nelle vicende relative ai rapporti tra i rami di Casa Savoia in contrasto su diritti e pretensioni, spesso con argomenti da gossip di sterile supporto per ambe le parti. In parallelo la Nazione Italiana sta commemorando i 150 anni dell’Unità del Paese, con manifestazioni che avranno il suo culmine l’anno prossimo 2011. Sino ad ora sono stati ricordati Garibaldi, Cavour e Mazzini con riferimenti limitatissimi al ruolo di Casa Savoia come se l’azione della Dinastia fosse stato pressoché marginale. Ora io dico perché Lei Principessa con la possibilità che ha di contattare intervistatori di rango, storici e giornalisti, non scende in campo e senza giri di parole, con la facilità dialettica che ha sovente dimostrato non si batte per onorare i suoi Avi e nello stesso tempo ristabilisce un po’ di verità?! Non si tratta di elemosinare consensi a cause politiche ma di mettere i puntini sugli “ì” su molti argomenti o come si suol dire di togliersi qualche sassolino dalla scarpa!  E cioè: “ E’ vero o non è vero che  Vittorio Emanuele II mise in gioco la sua tranquilla corona di Re di Sardegna che avrebbe perduto se le cose fossero andate male? E’ vero o non è vero che cedette alla Francia Nizza e la Savoia e sacrificò la figlia Clotilde dandola in sposa a Gerolamo junior Bonaparte, per avere l’appoggio di Napoleone III, il cui leale sostegno fu determinante? E già che ci siamo perché non  spaziare in tempi più recenti toccando argomenti come il tanto bistrattato carattere di Suo nonno Vittorio Emanuele III? Ci rendiamo conto di come può modificarsi il temperamento di un uomo che deve ripetere lo stesso ruolo di Suo Padre il quale è stato assassinato a tradimento? Ci rendiamo conto che Vittorio Emanuele III quando appariva in pubblico poteva essere nel mirino di un altro assassino e questo accadde più volte per fortuna senza esito mortale? E che lo stesso Re aveva le medesime  preoccupazioni per i suoi figli come accadde  a Umberto nel 1929 a Bruxelles? Occorre il referto di uno psicanalista per dedurre che un tale personaggio possa essere scettico, sarcastico e diffidente? E diciamolo una volta per tutte: nel periodo 1919/1922 c’era il rischio di una guerra civile e quindi il male minore fu la svolta del governo Mussolini. Il consenso nel periodo del ventennio fascista era enorme, sia da parte dei ceti popolari che delle gerarchie ecclesiastiche. E poi per limitarci negli argomenti che Lei gentile Principessa potrebbe affrontare, ma ci rendiamo conto che il Paese creato dai Savoia e cementato dal Risorgimento è stato unificato attorno alla Dinastia che l’ha creato? Che privarsi del prestigio di una Casata millenaria è stato un errore come, perdoni il paragone, se uno si taglia un piede perché gli fanno male i calli?! Si poteva a suo tempo estirpare il callo e curare l’arto fino alla guarigione, o no?  Principessa le dica con enfasi queste cose senza timore di apparire  sopra le righe, è chiaro che a lei personalmente non verrà attribuito alcun tornaconto se non quello di raddrizzare certe storture troppo a lungo coltivate  e mai o troppo poco controbattute perché non sarà  “chic” prendersi a male parole ma “quando ce vo’ ce vo’ … Mi scusi.
Livio Orlandini

Fidanzamento sfumato

Se fosse andato in porto sarebbe stato il terzo matrimonio in tre generazioni tra il Capo di Casa Savoia e una principessa di Casa d’Austria. Dopo le guerre del Risorgimento per suggellare la pace ritrovata tra l’Italia unita e l’impero d’Austria Ungheria, il Re Vittorio Emanuele II ritenne opportuno uno sposalizio tra il suo erede Umberto Principe di Piemonte e una giovane donna della famiglia degli Asburgo: Le trattative diplomatiche individuarono nell’arciduchessa Matilde nata nel 1849 la candidata adatta. Carlo Alberto, il primo dei Savoia Carignano salito al trono aveva scelto Maria Teresa figlia del Granduca di Toscana che però apparteneva alla casata degli Asburgo-Lorena, poi il loro figlio Vittorio Emanuele si era unito a Maria Adelaide nata a Milano quando suo padre, l’Arciduca Ranieri era Vicere del Lombardo-Veneto sotto il dominio austriaco, infine le circostanze politiche intorno agli anni 1865 e la necessità naturale di trovare una moglie per l’erede al trono italiano che era nato nel 1844, suggerivano giusto questo nuovo legame. Secondo i resoconti degli Ambasciatori Matilde era una ragazza molto carina , sana e studiosa che senz’altro avrebbe confermato le qualità delle precedenti congiunte che l’avevano precedute sul trono sabaudo. Inoltre era figlia dell’Arciduca Alberto validissimo comandante militare appartenente al ramo dei Marescialli (quindi neanche strettissimamente imparentata con le precedenti arciduchesse, per cui era cugina solo di secondo grado col futuro fidanzato), sua madre era la principessa Ildegarda di Baviera il che ne confermava il prestigio del lignaggio.Infine una delle sorelle del padre era Maria Teresa la vedova di Ferdinando II di Borbone Re delle Due Sicilie  la cui famiglia era stata estromessa da Napoli mentre una sorella di sua madre era Adelgonda di Baviera la consorte del duca di Modena Francesco V detronizzato nel 1859, e un matrimonio avrebbe potuto portare pace tra questi ex nemici. Alla vigilia dell’annuncio ufficiale successe il dramma: Matilde che si era dichiarata entusiasta del progetto di conoscere il principe Umberto di Savoia il cui ritratto ne confermava un giovane di ottimo aspetto, moriva improvvisamente per le ustioni provocate dal suo abito che aveva preso fuoco. avendo inavvertitamente cercato di nascondere la sigaretta che stava fumando. Ogni progetto andò…. in fumo e nel 1868 Umberto sposò la cugina Margherita di Savoia-Genova la futura Regina Margherita.
Livio Orlandini

Gorla 20 ottobre 2010

Sono trascorsi 66 anni dalla stessa data del 1944 quando il quartiere di Gorla che si trova a Milano a circa 2 kilometri da piazzale Loreto in direzione di Sesto San Giovanni, fu bombardato dagli aerei degli Alleati. Gorla non si differenzia da altre zone della metropoli ambrosiana però è attraversata dal Naviglio della Martesana che le dà un tocco di piccola Venezia. A poche decine di metri dal corso del Naviglio sorgeva la scuola elementare che fu centrata da una bomba .morirono poco meno di duecento bambini e circa 20 insegnanti oltre al personale di segreteria e ai bidelli. Altre bombe furono sganciate sull’abitato provocando altre centinaia di morti e feriti. Erano gli ultimi mesi della seconda guerra mondiale Milano era la capitale virtuale, se non ufficiale, della Repubblica Sociale , detta poi repubblica di Salò con tono derisorio tenuto conto che le autorità risiedevano sul lago di Garda e principalmente  a Salò. Anche se dopo quattro anni di guerra la gente era quasi assuefatta ai fatti tragici la strage di tanti innocenti fu uno chock enorme .Tutti erano esasperati sia contro chi comandava in quel momento, cioè fascisti e tedeschi sia contro chi aveva bombardato e se si considera che nell’anno precedente e cioè nel 1943 era stata semi distrutta anche La Scala, cioè il teatro simbolo della città si può comprendere lo stato d’animo dei cittadini.tra coprifuoco, borsa nera rastrellamenti e fucilazioni. Oggi dopo tanti anni sopravvivono i fratelli di quei bambini martiri della guerra e molti di loro si sono riuniti in quella stessa piazza dove sorgeva la scuola e che dal 1952 è dominata da un monumento in ricordo di quel fatto luttuoso.Sono uomini e donne ormai anziani che non hanno mai dimenticato le lacrime dei loro genitori Oltre al Sindaco di Milano signora Moratti sono presenti alcune scolaresche dei Rioni circostanti a ricordare che nonostante gli orrori delle guerre la vita continua: quello che colpisce sono i volti di questi ragazzi, la maggioranza dei quali rivelano la loro origine asiatica o africana o sudamericana. Quello che colpisce ulteriormente è che parlano perfettamente in italiano addirittura con un certo accento…milanese.
Livio Orlandini.

La Puglia insanguinata

Una regione bellissima, piena di sole e bagnata dal mare, terra di gente generosa e lavoratrice, sta vivendo un periodo di angoscia per il delitto di Sarah, una ragazza di soli quindici anni ma che seppur così giovane aveva già suscitato tanti sentimenti contrastanti: indubbiamente l’affetto dei suoi genitori e il desiderio morboso di uno zio acquisito, l’ammirazione platonica dei ragazzi suoi coetanei e l’invidia delle altre giovani donne. Basta osservare le immagini che il video ci bombarda quotidianamente con ossessione per intuire quanto fiele covasse nell’animo di alcune congiunte di questa ragazza per il contrasto della sua bionda e snella figura e la goffaggine delle altre , e un minimo di conoscenza della psicologia femminile ci spiega come a volte sotto una ipocrita carezza si può nascondere la voglia di strangolare e di sfregiare l’oggetto dell’ammirazione altrui.La stessa regione che ci ha regalato Padre Pio una delle figure popolari più amate dalla gente semplice, ci propina oggi a puntate come un romanzo d’appendice, le fasi dell’inchiesta per scoprire chi effettivamente abbia soppresso questa giovane donna, lasciando anche a noi spettatori del dramma il dubbio di tante domande inevase, come ad esempio come mai, a soli quindici anni questa vittima predestinata avesse già riempito tanti metri di pellicola col suo volto pur bello di natura eppure così pesantemente truccato.L’invadenza dei media specie della televisione che dopo il delitto di Cogne e dopo la strage di Erba ha finalmente trovato pane per i suoi denti, continua a sollecitare la curiosità patologica degli ascoltatori e non mancherà di accompagnarci ancora a lungo per la gioia delle masse che tra un piercing alla narice e una borchia sulla lingua gettano uno sguardo al video per sapere se anche un’altra parente,come per un rito pagano collettivo,ha tirato la corda intorno al collo della povera piccola Sarah.
Livio Orlandini

l'ultimo regicidio

 Il 9 ottobre 1934 a Marsiglia fu assassinato a colpi di pistola in piena Canebière, la strada principale della città, il Re Alessandro I di Yugoslavia appena sbarcato nel porto francese per una visita ufficiale. Al suo fianco, seduto in vettura c’era il ministro degli esteri della nazione ospitante, Monsieur Bartou che fece la medesima fine. Per fortuna il sovrano non era accompagnato come di prassi dalla consorte, la Regina Maria nata principessa di Romania, che per una indisposizione diplomatica era rimasta a Belgrado e che se presente avrebbe corso lo stesso rischio. Questo dramma che in seguito fu definito:”l’ultimo regicidio”, concludeva una serie di delitti contro alcuni sovrani di nazioni europee che, senza addentrarci nel secolo precedente, a partire dal 1900 aveva visto diverse vittime illustri come il nostro buon Re Umberto I, come il Re Carlos del Portogallo nel 1908 ucciso in strada a Lisbona assieme a suo figlio Luiz, principe ereditario sui vent’anni, o il Re di Grecia Giorgio I assassinato a Salonicco nel 1913, per non dimenticare il duplice attentato di Serajevo dove caddero uccisi l’arciduca ereditario d’Austria-Ungheria  e la consorte morganatica duchessa di Hohenberg, con conseguenze storiche catastrofiche.Non ci dilungheremo sulle ragioni addotte dai vari assassini per giustificare i loro gesti, diremo solo che il sovrano yugoslavo pagò con la vita la soluzione sbagliata di unire in una medesima nazione tanti popoli diversi per religione, storia e costumi: la medesima nazione che dopo la seconda guerra mondiale e tramontato il carisma del Maresciallo Tito, vide la sanguinosa guerra dei Balcani e la rinascita odierna delle antiche entità statali di Croazia, Serbia e Montenegro.Quello stesso Montenegro la cui indipendenza nel 1918, al tavolo della Pace, era stata sacrificata togliendone la sovranità al Re Nicola I a favore di suo genero Pietro Karageorgewich, ormai vedovo di Zorka Petrovic Njegoch, con una mossa politica e famigliare quasi da tragedia medioevale che tanto aveva amareggiato la nostra Regina Elena, sorella di Zorka.che vide il padre detronizzato dal proprio cognato. Secondo gli storici la Regina Elena nel 1934 pianse la terribile morte del nipote Alessandro e per affetto verso il figlio e successore di lui, il Re Pietro II, rifiutò la corona del Montenegro che le venne offerta dall’Assemblea Montenegrina nel 1941 dopo l’occupazione dei Balcani da parte dell’Asse. E questo anche a riprova del suo buon senso e del suo costante atteggiamento di non rivestire direttamente ruoli politici.
Livio Orlandini

Ipocrisia e stampa libera.

Il Presidente della Camera dei Deputati dopo di aver divorziato dalla
legittima consorte,  convive “more uxorio”(ma si usa ancora questa formula
quasi antidiluviana?) con una Signora con un analogo precedente di relazione
durante il quale la suddetta Signora avrebbe vinto una cifra notevole al
Superenalotto, che poi, finito il rapporto,  è oggetto di contendere. I Media
sia politici che di gossip hanno inzuppate le loro penne avvelenate in questa
vicenda, e la Signora è stata praticamente lapidata. Il comune cittadino è
stato giornalmente informato dello svolgersi della storiaccia, anche perché la
Signora  ha alle spalle una famiglia di ingombrante presenza. Ora di colpo,
forse per non far calare l’altissima “audience”che sta ridando fiato anche a
testate agonizzanti, è iniziata una sequela di interventi a difesa di questa
Protagonista moderna stile Madame Bovary. E così le penne più prestigiose fanno
a gara per elogiarla o per lo meno attenuare  i suoi presunti errori .accusando
chi precedentemente ne ha parlato male , di averlo fatto solo perché si tratta
di una donna , la quale come tutti gli altri cittadini ha il diritto di agire e
di comportarsi come ritiene opportuno  purchè nel rispetto della Legge. Non
vogliamo utilizzare il termine di squallida vicenda, ma è fuori di dubbio che
il comune elettore di questa Repubblica apprezzerebbe maggiormente il mondo
politico che la regge se i suoi protagonisti non venissero coinvolti in episodi
di questo tipo e se i divulgatori di notizie ,cioè i signori giornalisti,
specie quelli cosiddetti indipendenti dai partiti, usassero maggiore
obiettività e migliore conoscenza degli argomenti  esposti , in quanto anche l’
ignoranza può causare gravi danni.
Livio Orlandini

Linea e stile.

“L’estate sta finendo…” cantavano i Righeira qualche anno fa, ed ora
puntualmente siamo alla medesima scadenza, ma l’afa e l’umidità non mollano la
loro fastidiosa presenza e allora si continuano a vedere ragazze al limite dell’
obesità strizzate in panta-short-jeans, così come simpatiche signore magari
agghindate come delle fattucchiere che viaggiano sui mezzi pubblici
costantemente armate di bottiglie di (sarà?) acqua che tracannano direttamente 
portandole alla bocca. Altre presenze ormai usuali nei luoghi affollati delle
grandi città sono i giovani prevalentemente di provenienza cinese dotati di
vistosi ciuffi di capelli che gli spiovono sugli occhi e che sono stati
colorati di giallo se non di viola o di verde. “ Per un uomo, dopo i 18 anni
mai i pantaloncini corti al di fuori dei campi da tennis”, non sappiamo chi
abbia pronunciato  questa frase lapidaria se Gabriele d’Annunzio o uno stilista
moderno, fatto sta che mai una tale sentenza è stata ignorata come di questi
tempi. E così si possono notare, non tanto sui viali di Rimini ma in
Montenapoleone  o in via della Spiga a Milano o in via Veneto a Roma panciuti
signori usualmente in cravatta, che ostentato bermuda più o meno corti o più o
meno larghi, dai colori più inusitati e a volte in pendent con calzini
addirittura neri e con scarpe rigorosamente stringate. E si potrebbe continuare
questa galleria degli orrori ma dato che siamo in un paese libero, libero di
commettere anche dei peccati certamente veniali, lasciamo sfogo al cattivo
gusto e come disse un glorioso eroe del Risorgimento :”….tiremm innanz…” (per i
non milanesi: tiriamo avanti).
Livio Orlandini.

Dai Carlisti di Spagna ai Borbone-di Parma.

Il 30 settembre 1936 a Vienna un anziano signore attraversa imprudentemente una strada e viene travolto da una vettura sopraggiunta ad alta velocità. Muore così in un banale incidente stradale il Principe Alfonso Carlos di Borbone, Capo del ramo Carlista della casa di Borbone di Spagna e pretendente al trono della grande nazione iberica, un trono che tra l’altro in quel momento non esiste in quanto il sovrano regnante Alfonso XIII è in esilio dal 1931. Ma per comprendere meglio la situazione bisogna fare un passo indietro: nel 1833 era morto il Re di Spagna Ferdinando VII, gran seppellitore di mogli,che dopo tre vedovanze, solo dalla quarta sposa ha avuto finalmente due bambine sane e robuste, e sul letto di morte conferma che a succedergli sul trono sarà la maggiore di queste bimbe e cioè Isabella II di tre anni, ma questa decisione è contestata da suo fratello don Carlos. La successione femminile è in regola con la tradizione spagnola, infatti i Borbone regnano in Spagna quali discendenti dell’ultima degli Asburgo  che a loro volta discendevano da Giovanna la pazza (moglie di Filippo d’Asburgo) la quale era succeduta ai genitori i sovrani cosiddetti “cattolici”Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, gli sponsor di Cristoforo Colombo. Unica nota contraria è la legge Salica (cioè successione solo maschile) introdotta da Filippo V il primo dei Borbone come vige in Francia, la nazione da cui proviene, ma che, come abbiamo visto contrasta con la tradizione iberica. La piccola Isabella II  sotto la Reggenza della madre Maria Cristina dei Borbone di Napoli, viene accettata dalle Cortes, il Parlamento, e don Carlos è costretto all’esilio..Questa lacerazione in seno alla famiglia reale è fomentata dal contrasto esistente tra Maria Cristina, alleata a sua sorella Luisa Carlotta, moglie dell’Infante Francisco di Paola ultimo fratello di Ferdinando VII e di don Carlos, con lo stesso don Carlos e con sua moglie Francisca di Braganza che ha dato al marito ben tre figli maschi, e tenuto conto che anche Luisa Carlotta è madre di due maschi che spera di far sposare un giorno alle cuginette figlie di Maria Cristina.La parentela tra tutti questi personaggi è strettissima, ma anche l’odio e la rivalità sono notevoli: Ferdinando VII  e Francisco di Paola hanno sposato le loro nipoti figlie della loro sorella Isabella , moglie di Francesco I Re delle Due Sicilie, mentre don Calos ha sposato la nipote Francisca, figlia del Re del Portogallo Giovanni VI e di Carlotta Gioacchina di Borbone, sorella dei tre fratelli suddetti oltre che di Isabella .La posta in gioco è il trono di Spagna e non valgono certo i rapporti di parentela a frenare gli appetiti tra questi principi le cui mogli provengono da paesi lontani e si sono ritrovate nella reggia di Madrid. Dal punto di vista anagrafico le mogli di Ferdinando VII e di  Francisco di Paola, oltre che sorelle tra di loro, sono cognate , zie e nipoti l’una dell’altra. Dal lato politico la Reggente Maria Cristina si schiera con la corrente liberale mentre il rivale don Carlos è appoggiato dai conservatori più intransigenti: inizia un periodo di guerre civili con migliaia di caduti da entrambe le parti ma i sostenitori di don Carlos hanno sempre la peggio. Passano gli anni e i contrasti restano. Un matrimonio avrebbe potuto risolvere la diatriba, cioè quello tra Isabella II con il cugino Carlos figlio primogenito di don Carlos e di Francisca di Braganza, ma questo progetto fallisce e la Regina finisce per sposare il figlio di Luisa Carlotta e cioè il cugino Francesco d’Assisi.Per complicare ancor più le cose il giovane Carlos , mancato sposo di Isabella II, si unisce in matrimonio con Carolina di Borbone di Napoli sorella più giovane di Luisa Carlotta e di Maria Cristina. Al vecchio don Carlos che nell’esilio portava il titolo di conte di Molina succede nelle pretese al trono il figlio Carlos junior che porta il titolo di conte di Montemolin: non avendo avuto figli il suo successore sarà suo fratello Giovanni (don Juan) conte di Montizon sposato con l’arciduchessa Maria Beatrice d’Austria Este figlia del Duca di Modena Francesco IV.  Avranno due figli di cui il primogenito si fa chiamare Carlos VII col titolo di duca di Madrid e il secondogenito Alfonso Carlos il personaggio vittima dell’incidente stradale di cui abbiamo parlato all’inizio di questo articolo. Carlos VII fu un personaggio notevole per prestanza fisica e prestigio intellettuale, sposato con la principessa Margherita di Borbone-Parma, sorella del Duca Roberto I ultimo sovrano del Ducato emiliano, ne avrà diverse figlie e un solo figlio maschio don Jaime deceduto nel 1931 senza aver mai contratto matrimonio, quindi senza figli o discendenti: a lui subentrerà lo zio Alfonso Carlos e quindi la famiglia si estingue nei maschi. Naturalmente sia don Jaime che don Alfons Carlos, così come i loro sostenitori si erano resi conto che mancando di discendenti la Causa Carlista sarebbe rimasta priva di una figura emblematica che avrebbe dovuto incarnare i loro ideali sia dinastici che politici, per cui scartati i Principi della casa di Borbone delle Due Sicilie che genealogicamente avrebbero dovuto aspirare alla successione ma che erano sempre stati partigiani del ramo regnante di Isabella II  e dei suoi successori, l’offerta della fiaccola Carlista fu proposta al ramo di Parma nella persona del Principe Xavier figlio del Duca Roberto. Fu così che questo Principe, particolarmente ambizioso ma anche dotato di molto carattere e acume politico divenne il nuovo rappresentante del Movimento Carlista: Egli era sposato con Maddalena di Borbone Busset di un ramo della grande casata Capetingia e aveva una fiorente discendenza sia femminile che maschile. Alla sua morte nel 1977 il suo ruolo è statao ricoperto dal suo primogenito Ugo Carlos nato nel 1930, uno dei protagonisti nella lotta per l’instaurazione della Monarchia post-Generale Franco dove però il vincitore è risultato il Re Juan Carlos. Di Ugo Carlos e della sua vicenda matrimoniale con la Principessa Irene d’Olanda, figlia della Regina Giuliana, si sono abbondantemente occupate le cronache negli anni ’60 con enorme soddisfazione sia dei romantici che dei cultori di storia. Ugo Carlos e Irene, oggi divorziati dopo il fallimento delle loro ambizioni hanno avuto quattro figli, e il loro primogenito Carlo Xavier sarà un giorno il simbolo della tradizione Carlista che, sebbene molto ridimensionata nell’attuale assetto politico spagnolo non cessa di raccogliere attorno alle sue bandiere parecchi sostenitori. E’ curioso osservare che il Principe Ugo Carlos è contemporaneamente pretendente al Ducato di Parma nonché alla corona spagnola, per cui se dovesse un giorno ricoprire l’una o l’altra di queste posizioni dovrebbe rinunciare alla seconda essendo le due sovranità incompatibili tra di loro…..Ma, come si suol dire, questa è un’altra storia. N.B. Com’è noto  Ugo Carlos è deceduto a Barcellona il 18 agosto 2010 e la civilissima città di Parma ne ha ricevuto la salma con tutti gli onori compreso la sepoltura accanto ai suoi antenati
Livio Orlandini

Insolite parentele italiane

Come ci ha confermato a suo tempo il compianto Conte Alberto Sormani di Missaglia, intorno  al 1200/1400 le famiglie dei Borri e dei Pirovano erano tra le più cospicue sia per posizione sociale che per possesso di beni nella città e nel Contado di Milano. Ecco una valida ragione per cui , così come la casata dei Mandelli, alcune delle loro giovani donne ebbero il privilegio di essere scelte come spose da altrettanti componenti della famiglia dei Visconti in fase di ascesa nell’altissima posizione di Signori di Milano. Questo nonostante che oggi il Libro d’Oro della Nobiltà Italiana non ci elenca nessuno dei cognomi Borri, Pirovano o Mandelli tra i cittadini italiani che possono fregiarsi di un titolo nobiliare, ma diverse centinaia di residenti a Milano o in altre località della Lombardia portano quei cognomi ed esercitano le più svariate attività professionali.Tenuto conto che nei tre casi citati si ebbe figliolanza, e che dai Visconti per il complesso tramite della genealogia discendono molte tra le famiglie regnanti su Nazioni d’Europa anche oggi, 2010, possiamo affermare che nelle vene della   Sovrana del Regno Unito e cioè Sua Maestà la Regina Elisabetta II scorre il sangue oltre che dei Visconti anche delle tre famiglie sopradette.. E nominiamo solo la Regina d’Inghilterra in quanto personaggio emblematico della sua categoria di teste coronate del nostro tempo, ma il medesimo discorso vale per quasi tutti gli altri regnanti d’Europa o Pretendenti a vari Troni. Ora passiamo a Firenze, città d’origine di Margherita Aldobrandini, una ragazza bella anche se un po’ sovrappeso, a cui il fatto di essere nipote del Papa Clemente VIII consente di contrarre un matrimonio ad alto livello: sposa infatti Ranuccio I Farnese, Duca di Parma e porta quindi in questa illustre Casata oltre il proprio sangue Aldobrandini anche quello di molte famiglie fiorentine come gli Alberti, i Dati, i Flatri. gli Ambrogi, i Ferracci  e gli Orlandini cioè i cognomi di alcune delle spose dei suoi antenati. Questo avveniva esattamente il 7 maggio 1600, poi l’ultima dei Farnese, la formidabile Elisabetta sposò Filippo V il primo dei Borbone regnante in Spagna dal 1700 e da loro il sangue di quelle famiglie toscane che abbiamo citate scorre nei loro discendenti di cui oggi il più prestigioso rappresentante è il Sovrano spagnolo Juan Carlos, senza dimenticare i componenti di Casa Savoia che vantano diversi degli stessi antenati. Naturalmente  ci siamo limitati ai casi storicamente più noti  tralasciando le dinastie italiane che hanno lasciato un’impronta nei libri di storia, ma evidenziando cognomi che potrebbero essere quello del nostro vicino di casa se non addirittura il nostro…..
Livio Orlandini.

Da Galla Placidia ai Savoia.

Non è certo una scoperta del sottoscritto, ma ogni buon genealogista lo potrà confermare, e cioè che i componenti odierni di Casa Savoia, oltre a discendere da centinaia tra i personaggi di cui sono ricchi i libri di storia, possono vantare tra i loro antenati anche alcuni tra i più prestigiosi imperatori dell’antica Roma. Si tratta naturalmente di ascendenze entrate in Casa Savoia attraverso legami matrimoniali, come, in questo caso le nozze di Filippo II detto “senza terra”perché prima di diventare Duca di Savoia non aveva alcun feudo, con Claudina di Brosse della casata dei Conti di Penthièvre. Da Filippo e da Claudina, sua seconda moglie, nacque il Duca Carlo III padre a sua volta del grande Emanuele Filiberto, una delle glorie maggiori del Casato Sabaudo e avo dei Savoia odierni. Ebbene  Claudina di Brosse vantava tra i suoi più lontani antenati niente meno che la leggendaria Imperatrice Galla Placidia , figlia dell’Imperatore Teodosio e madre di Valentiniano III, nonché nipote di Valentiniano I. Abbiamo citato nel titolo solo  Galla Placidia ma anche gli altri tre sovrani romani sono naturalmente presenti nell’albero genealogico di Claudina di Brosse. La città di Ravenna è ricca di monumenti patrimonio dell’umanità, che non è eccessivo definire splendidi, ma tra i maggiori , artisticamente più noti e turisticamente più visitatati, ricordiamo il Mausoleo di Galla Placidia, la quale visse lungamente da sovrana a Ravenna capitale dell’Impero Romano, in una fase che vide il tramonto della sua potenza, ma non per questo fu meno prestigiosa specialmente per la presenza di personaggi di grande statura come questi di cui stiamo parlando.E’ bello ricordare, in questi mesi in cui si festeggiano i 150 anni dell’Unità d’Italia che i Savoia, protagonisti del Risorgimento e artefici di questa Unità sono discendenti di Imperatori dell’antica Roma, senza parlare di retorica, Faro di civiltà nei secoli.
Livio Orlandini.

La grande Storia.

Indubbiamente Casa Savoia fa “audience” in televisione visto che in poche settimane la trasmissione che porta questo titolo e che va in onda al venerdì sera su Rai 3 se ne è occupata già due volte. La puntata del 10 settembre che aveva per argomento specifico il contenzioso tra i due rami rivali e cioè quello Reale discendente dall’ultimo Sovrano e quello Ducale di Savoia-Aosta pare abbia avuto una platea molto vasta per cui c’è da credere che anche in futuro non verrà trascurata la storia della Dinastia che si può definire Asse portante dell’Unità d’Italia. Se poi si considera che dalla serata successiva e cioè dal sabato 11 settembre e per tre serate, su Rai 1 sarebbe andata in onda la gara per l’elezione di Miss Italia 2010 con la partecipazione, come braccio destro della conduttrice Milly Carlucci, del Principe Emanuele Filiberto, viene confermata sia l’abilità e la simpatia del giovane Principe, nonché il carisma che il suo cognome ancora rappresenta. E si sa che la Rai non regala niente a nessuno e pretende, giustamente, alti indici di ascolto. Tornando alla puntata di venerdì 10 , molto piacevole per parecchi filmati originali e inediti, tutti hanno però  potuto constatare il tono decisamente partigiano e favorevole agli Aosta e la poca obiettività nei confronti del ramo Reale. Ci si augura pertanto che in futuro venga esercitato maggiore equilibrio, nonché più attenzione a certi dati storici, e cioè l’affermazione: “…1870 - era morto il Re di Spagna e gli spagnoli non volevano una successione femminile per cui fu offerta la corona ad Amedeo d’Aosta” è errata in quanto  il Re di Spagna Ferdinando VII era morto nel 1833, sua figlia Isabella II gli era succeduta poi un “golpe” l’aveva cacciata nel 1868 per la sua condotta non irreprensibile, quindi dopo due anni di trono vacante fu offerta la corona al figlio del Re d’Italia che in quel momento godeva di un prestigio enorme. Poi Amedeo I che non aveva nessuna voglia di farsi ammazzare nel guazzabuglio spagnolo, nel 1873 restituì la patata bollente. e rientrò in Italia. Rimasto vedovo di Maria Vittoria  dal Pozzo della Cisterna, si risposò dopo qualche anno con la nipote, figlia di sua sorella Clotilde (quindi non cugina ma nipote di cui era zio) Letizia  Bonaparte. Il loro unico figlio Umberto conte di Salemi, che da ragazzo fu espulso da un collegio perché coinvolto in alcuni furti ai danni di altri condiscepoli, morì durante la prima guerra mondiale, era al fronte ma fu colpito da malattia, credo la famigerata “spagnola”quindi non cadde combattendo come affermato nel servizio televisivo. Poi altra inesattezza, Vittorio Emanuele di Savoia Aosta, fratello maggiore del Duca degli Abruzzi, non portava il titolo di Duca di Genova ma quello di Conte di Torino.Infine  la moglie del Duca d’Aosta, Vicere d’Etiopia   era figlia di Giovanni d’Orléans duca di Guisa, si chiamava Anna d’Orléans e non Anna di Guisa. Tutto questo per la nota massima che la Storia si racconta e non si inventa.
Livio Orlandini.

Anita Garibaldi personaggio mitico.

Una recente inchiesta ha stabilito che la figura femminile più popolare tra chi si interessa di storia Patria in Italia è Anita Garibaldi la prima moglie dell’Eroe dei Due Mondi. Anzi, addirittura tra le donne italiane molte vorrebbero somigliarle per la dedizione che ha avuto per il suo uomo a fianco del quale si è battuta per il Risorgimento dell’Italia ed è morta per questa sua passione. Non vogliamo fare il Bastian Contrario né contestare le virtù di questa donna eccezionale, però per mettere a posto tutti i tasselli della sua breve esistenza dobbiamo ricordare che Anita per unirsi al suo Eroe, abbandonò il suo legittimo marito quindi lasciò, come si dice, il tetto coniugale per l’incognita dell’avventura, e quindi da questo punto di vista non è una figura esemplare. D’accordo che certi ideali al giorno d’oggi sono ampiamente superati con la esaltazione televisiva e giornalistica di dive e veline dalla vita privata più che tumultuosa dove il fattore determinante di una unione matrimoniale è il denaro e la causa più frequente di una disunione è il calo di successo del partner e quindi una minor visibilità mediatica e un minor introito economico. Restando negli ultimi duecento anni della nostra storia non sono molte le figure femminili che hanno segnato positivamente la loro epoca, però non possiamo tralasciare  la Regina Margherita , l’unica (almeno per ora)  sovrana consorte di Re ,d’Italia sepolta al Pantheon, , e la Regina Elena che riposa a Montpellier, dove è deceduta. Si è trattato di due donne che nemmeno la calunnia o il pettegolezzo hanno sfiorato, che hanno vissuto al fianco dei loro coniugi condividendone le gioie e i drammi, la pace e le guerre e a cui per quanto riguarda la Regina Elena, gli Italiani cittadini di Messina hanno eretto, già in periodo repubblicano, un monumento a memoria del suo slancio materno durante la catastrofe del terremoto del 1908. Ricordiamo dunque  Anita venuta dal Sud America per darci una mano nel costruire l’Unità d’Italia, ma non dimentichiamo le nostre Sovrane attraverso lo studio della Storia nelle scuole elementari e medie, senza inventare nulla ma dando maggior risalto, contrariamente a quel che avviene oggi, alle vicende delle loro esistenze.
Livio Orlandini.
 http://digilander.libero.it/lasiciliaeisuoire/