mercoledì 21 dicembre 2011

Esecuzione sommaria

Rai Storia trasmette ogni giorno programmi molto interessanti sugli avvenimenti che riguardano il passato del nostro Paese, e anche altre reti ci mostrano filmati che spaziano su vicende dell’antichità sino a fatti più recenti. Particolare attenzione è rivolta allo svolgersi della parabola del partito fascista poi della Seconda guerra mondiale e al suo drammatico epilogo. Sovente abbiamo rivisto le immagini di Piazzale Loreto con la lugubre esposizione dei cadaveri di Mussolini, della sua amante, e dei gerarchi che erano stati fucilati a Dongo. Non abbiamo la pretesa di aver visto tutto però in generale quando si tratta di rievocare questa pagina di storia si trascura di parlare di Achille Starace e del trattamento che gli fu riservato il 29 aprile 1945. Si tratta di una pagina della storia italiana che potrebbe stare alla pari con le “stragi di settembre del 1792 a Parigi” dove il popolo durante la Rivoluzione Francese diede sfogo ai suoi istinti più inumani. Starace era stato Segretario del Partito Nazionale Fascista verso la fine degli anni ’30 poi era stato accantonato e nel periodo della guerra e della Repubblica di Salò non aveva ricoperto alcuna carica politica, quindi non era responsabile di stragi nazi-fasciste o fatti del genere. A suo tempo era stato uno dei più zelanti esecutori delle parole d’ordine del duce: “Abolite il Lei e adottate il Voi” “Abolite la stretta di mano e adottate il saluto fascista col braccio destro alzato e la mano tesa in alto” e altre amenità del genere, queste erano le sue massime colpe. Sembra che vivesse anche in ristrettezze economiche il che dimostra che nel periodo della sua presenza in politica non si era arricchito come altri gerarchi e viveva a Milano emarginato anche dalla sua famiglia. Nei giorni di fine aprile 1945 mentre in tuta da ginnastica si dirigeva verso un campo di allenamento sportivo non temendo pericoli avendo ottimisticamente la coscienza pulita, fu arrestato da una pattuglia di insorti e dopo una parvenza di processo al Politecnico fu condotto in Piazzale Loreto dove si stava svolgendo la macabra esposizione dei cadaveri dell’ex dittatore e dei suoi collaboratori. Qui pare che gli sia stato imposto di salutare il corpo del suo antico capo e poi una sventagliata di mitra mise fine al suo calvario. Immediatamente dopo il suo cadavere fu appeso per i piedi al famoso traliccio del distributore di benzina accanto alle altre salme. Si era alla fine di un periodo terribile di privazioni e di soprusi e si può comprendere l’esasperazione della folla con reazioni di odio primordiale di cui tralasciamo la descrizione,  ma la vicenda dell’esecuzione di  Achille Starace va al di là di una manifestazione di sadismo psicologico che non fa onore alla pagina bella della guerra di liberazione nazionale e forse per un senso di vergogna tuttora se ne parla così poco.

Riflessioni sull’11 settembre,

L’orrore di quel fatto non ha paragone nella storia moderna per l’entità del numero delle vittime e per il modo con cui alcuni sopravvissuti momentaneamente all’impatto degli aerei contro le torri gemelle, preferirono suicidarsi gettandosi dalle finestre per non cedere alle fiamme…..Solo il lancio delle bombe atomiche su Hiroscima e Nagasachi nel 1945 può avere una parvenza di analogia con quanto avvenuto a New York. Oppure gli interventi delle fortezze volanti americane contro anche le città italiane durante la seconda guerra mondiale possono avere una certa similitudine dal punto di vista delle barbarie cui può indurre una guerra moderna. Non possiamo essere precisi su quali forze aeree alleate primeggiarono nel bombardare le nostre città durante gli anni 1940-45: se fu la R.A.F. inglese o i quadrimotori degli U.S.A. ad abbattere i nostri monumenti, ma bisogna dire che  le atomiche contro i giapponesi riuscirono finalmente a costringere alla resa l’Impero del Sol Levante e che i bombardamenti alleati colpirono le città italiane e tedesche cioè delle Nazioni che avevano causato la guerra, iniziando a colpire incivilmente le città inglesi come Coventry o Londra dove le micidiali V1 e V2 provocarono distruzioni e migliaia di vittime, mentre le metropoli americane  non subirono alcun attacco a causa delle distanze dalle basi di lancio degli ordigni: con i fatti dell’11 settembre 2001 anche gli americani hanno constatato cosa vuol dire subire ingiustamente un attacco in casa propria. C’è chi cita con indignazione l’alto numero di vittime civili causate dal bombardamento di Dresda, il capoluogo della Sassonia in Germania nel febbraio del 1945 ma non dice che quelle stesse popolazioni erano i fedelissimi di Hitler cioè di colui che aveva istituito i lager dove venivano sterminate migliaia di persone solo per motivi razziali, con un consenso popolare totale e assoluto. Quello stesso Hitler che fu costretto a suicidarsi perché nessuno dei suoi sudditi lo giudicò colpevole e quindi meritevole di una pallottola, cosa che invece sono abili nel fare altri popoli che quando le cose vanno male sanno ammazzare gli ex capi che avevano osannato fino a poco prima…..Tornando ai fatti dell’11 settembre 2001, in Italia dove l’enfasi domina sovente le azioni degli uomini, in diverse città vengono dedicate strade alle vittime di quella strage, povere vittime incolpevoli come i morti dei bombardamenti alleati come i piccoli martiri di Gorla, ai quali non mi risulta che nessuna città inglese o statunitense  abbia intitolato vie o piazze.. Capisco di stare sostenendo tesi contraddittorie, ma voglio per lo meno evidenziare un fatto e cioè che le vittime civili di attentati o di fatti di guerra sono sempre meritevoli di pietà, siano i fedeli nazisti abitanti di Dresda che i cittadini americani, mentre chi provoca quei fatti delittuosi merita soltanto il biasimo di chi si proclama democratico.

Regine Sabaude

Fra tutte le Regine consorti di Re di Casa Savoia forse la più sconosciuta quella di cui si sono occupati di meno gli storici è la Regina Polissena, moglie di Carlo Emanuele III, secondo sovrano della Sardegna dopo che l’isola è passata sotto il dominio della Dinastia, consentendo appunto ai Savoia di vantarsi del titolo di Re. Eppure Polissena, anche se ha avuto una vita senza scosse né particolari traumi politici, è stata una persona degna della massima stima e ammirazione, così come la gran parte delle altre consorti di Re Sabaudi. Ella ci appare in tutto il suo splendore regale nel magnifico ritratto dipinto da una celebre artista e cioè la Maria Giovanna Battista Clementi detta la Clementina, un olio su tela di cm. 165 x 110 che fa bella mostra di se nella Palazzina di Stupinigi a Nichelino. Nel ritratto appare seduta, indossa un ricco vestito e magnifici gioielli, presenta un viso dai lineamenti regolari e un’espressione serena se non addirittura lieta mentre accarezza due dei suoi bambini, tra cui colui che dopo il padre salirà al trono col nome di Vittorio Amedeo III. Polissena era tedesca di nascita, apparteneva alla casa dei Principi d’Assia-Rheinfels-Rotenburg ed era legata da parentela con decine di altre famiglie germaniche  che, come la sua costellavano quello che era ancora definito in quella prima metà del 1700 il Sacro Romano Impero. Con uno sguardo a ciò che accadde dopo di lei possiamo ricordare che con i suoi nipoti (figli del suo figlio sopra citato) i quali vissero e regnarono nel periodo Napoleonico e poi della Restaurazione, si estinse il ramo primogenito della famiglia a cui succedette il ramo cadetto di Savoia Carignano con Carlo Alberto. Una sorella di Polissena, di nome Cristina e quindi come lei Principessa d’Assia, fece il suo stesso percorso dalla Germania a Torino quale consorte dei Principe Luigi Vittorio di Savoia Carignano ed è la bis nonna proprio di Carlo Alberto. Entrambe le sorelle furono quindi felicemente prolifiche e proprio tra le figlie di Cristina ricordiamo l’infelice Maria Teresa Principessa di Lamballe, maritata in Francia al Principe di quel titolo, parente della famiglia Reale, e dopo la vedovanza e grande amica della Regina Maria Antonietta, fu travolta nel turbine della Rivoluzione Francese e massacrata nelle stragi di settembre del 1792. Nel 1925 nel Castello di Racconigi si celebrava un altro matrimonio tra gli Assia e i Savoia quello tra Mafalda, la secondogenita del Re Vittorio Emanuele III e il Principe Filippo d’Assia Cassel. Quindi si riannodava un legame che aveva radici lontane. Sebbene terminata in modo tragico questa unione fu serena e rallegrata da ben quattro figli. Ricordiamo che la salma della Principessa Mafalda, riesumata dal campo di Bukenwald riposa in Germania nel mausoleo della Casa d’Assia.

Tentativi di sfascio

A Filettino, un ridente paesello in provincia di Frosinone, il sindaco appoggiato dalla giunta e pare da tutta la popolazione, avrebbe deciso di proclamare l’indipendenza dal resto dell’Italia e di assumere la forma di Principato indipendente, in analogia, modestia a parte, del Principato di Monaco perla della Costa Azzurra. Questo per protestare contro le angherie di una località confinante beneficiaria delle risorse di Filettino nonché per il rilancio turistico ed economico che deriverebbe dal frastuono mediatico di un fatto simile, infine ricordando che nel lontano passato alcune famiglie della nobiltà avevano ostentato il medesimo titolo. L’offerta della corona sarebbe stata fatta nientemeno che al Principe Emanuele Filiberto di Savoia il quale pare che abbia avuto il buon senso, ringraziando, di rifiutare. Effettivamente dalle località di Piemonte e di Venezia di cui porta i titoli principeschi a Filettino sarebbe proprio stato un salto all’indietro, senza considerare altro… D’altra parte con tanti personaggi circolanti in cerca di fama a buon prezzo non si esclude che presto altri nomi saliranno alle cronache per la stessa offerta. Il senatore Umberto Bossi, ministro in carica della Repubblica, ha a sua volta rispolverato il progetto di indipendenza della cosiddetta Padania, ventilando il ricorso a un referendum tra le popolazioni del Nord, stanche di essere dissanguate, a suo dire, dalle regioni del Meridione d’Italia. E questo alla faccia di Giuseppe Garibaldi nel 150 esimo anniversario dell’Unità del Paese. “La Monarchia ci unisce, la Repubblica ci dividerebbe” fu la frase profetica che accomunò al trono Sabaudo nel Risorgimento alcuni politici di buon senso, ma di questo non vollero tener presente coloro che nel 1946 si batterono ideologicamente per sbarazzarsi dei Savoia che avevano cementato la nuova Nazione. Adesso i nodi vengono al pettine: una crisi seria minaccia il Paese, l’economia è sotto un quotidiano esame, e quindi riprendono fiato pirotecniche teorie di suddivisione di zone ricche e trainanti e zone povere sfruttatrici e di cui è opportuno sbarazzarsi. L’amore della Patria, il sacrificio dei Martiri, la lingua l’arte e la letteratura comune dal Piemonte alle Isole tutto ciarpame superfluo e improduttivo di cui non tenere conto: sono stati messi nel Museo della Storia la Corona e il Trono, simboli dell’Unità, mettiamo al Museo anche l’Unità stessa! Questi sono i programmi politici di alcuni cittadini nell’anno 2011.