mercoledì 27 luglio 2011

Antichi ricordi

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Un noto filosofo italiano ha dichiarato e scritto in un suo saggio che il più antico ricordo che affiora nella sua mente, è la sua immagine di bambino di quattro anni che si rifugia sotto il tavolo della sala da pranzo nella casa dove viveva con i suoi genitori. Il tavolo rappresenta un riparo dai pericoli che possono minacciare la sua breve esistenza, in cima dei quali sta la eventualità più terribile, cioè la morte. Senza raggiungere atmosfere così drammatiche il ricordo più lontano che credo di conservare nel mio animo, è che mi trovo su un treno proveniente dall’Emilia e diretto a Milano. Sono assieme ai miei famigliari e ci accingiamo a togliere le valigie dalle apposite reticelle dove le avevamo inserite alla partenza: ormai siamo quasi arrivati e dobbiamo prepararci a scendere, il finestrino è chiuso e io bambino di sei/sette anni guardo fuori e dalle decine o centinaia di binari quasi intrecciati, mi appaiono sulla sinistra dove ci stiamo per inserire le volte immense e cupe delle tettoie delle gallerie. Sono tre o quattro una gigantesca al centro e le altre leggermente inferiori per ampiezza si trovano sul lato destro, l’unico che mi è consentito di vedere. Il treno sta rallentando la velocità e quelle orrende volte, come bocche spalancate, stanno per inghiottirci. Ecco realizzarsi un incubo, la fine della spensieratezza delle vacanze in Emilia la terra delle burle e dei giochi verso Milano il luogo dove tutto è proibito e dove si concretizzano tutti i doveri, principalmente quelli scolastici. Quelle bocche nere che per qualcuno sono un modello di architettura ferroviaria per me sono il mostro che sta per cancellare con la sua voracità un periodo felice. Ci vorranno anni perché la mia opinione si modifichi, perché Milano la mia città che oggi adoro cambi l’aspetto ostile e severo ai miei occhi di bimbo e diventi l’unico posto dove mi fa piacere di vivere. Ma questo è un altro discorso.

Parentele Regali

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Il Re Giorgio V d’Inghilterra, nonno paterno dell’attuale Sovrana Elisabetta II era cugino di primo grado dell’ultimo zar di Russia Nicola II in quanto erano figli di due sorelle (Alessandra e Dagmar principesse di Danimarca, quest’ultima più nota come Maria Feodorowna) e la somiglianza fisica tra i due sovrani era notevole tanto che parevano fratelli. Giorgio V poi era anche cugino sempre di primo grado della zarina Alessandra Feodorowna nata principessa Alice d’Assia-Darmstadt, moglie del suddetto Nicola II, per il fatto che la madre di questa zarina era la principessa Alice di Gran Bretagna figlia della Regina Vittoria e sorella del Re Edoardo VII, padre di Giorgio V; questa principessa inglese aveva sposato il Granduca Luigi IV d’Assia-Darmstadt, uno dei numerosi stati che componevano l’Impero di Germania. Tra la numerosa figliolanza di questa ultima coppia citiamo la primogenita Vittoria maritata con il Principe Luigi di Battenberg, un giovane appartenente a una famiglia diciamo così “morganatica” in quanto creata dalle nozze di un cadetto degli Assia-Darmstadt con una “semplice” contessa. Luigi di Battemberg quindi non era vincolato a una Nazione precisa e quindi fu preso sotto l’ala protettrice della potentissima Sovrana inglese che tra l’altro diede in moglie la sua figlia più  giovane di nome Beatrice a Enrico di Battenberg, fratello cadetto di Luigi.Questi due componenti della famiglia Battenberg assunsero quindi la cittadinanza britannica e sia Luigi che i discendenti di Enrico, morto nel frattempo, nel 1917 mutarono il nome in Mountbatten per cancellare l’origine tedesca, dato che l’Inghilterra era in guerra con la Germania: la medesima iniziativa fece a maggior ragione la famiglia regnante che assunse il cognome Windsor in luogo di quello di Hannover-Sassonia Coburgo Gotha. Luigi di Battenberg esperto uomo di mare ricoprì anche la prestigiosa carica di Primo Lord dell’Ammiragliato britannico. Il suo titolo nobiliare fu di Marchese di Milford Haven. La sua figlia primogenita di nome Alice aveva sposato appena diciottenne nel 1903 il ventunenne principe Andrea di Grecia cadetto di quella Casa regnante ad Atene da cui nacque, oltre a quattro sorelle, il Principe Filippo, che vide la luce nel 1921 nell’isola di Corfù. Quando nell’immediato secondo dopoguerra si trattò di trovare uno sposo per la principessa Elisabetta erede al trono inglese si riscontrarono in Filippo di Grecia tutti i requisiti idonei per farne un ideale Principe Consorte, e per accentuarne l’ascendenza britannica fu autorizzato a cambiare il cognome in Mountbatten , praticamente quello di sua madre, la quale, ormai vedova partecipò alle nozze del figlio assieme alla ormai anziana madre Vittoria marchesa di Milford Haven .Le sorelle di Filippo che avevano sposato Principi tedeschi non furono invitate. Si era nel 1947 e la guerra con la Germania era terminata da poco per cui fu ritenuto opportuno questo comportamento, anche perché i cognati di Filippo non avevano contrastato il nazismo. Il 10 giugno Filippo, che notoriamente non ostenta la qualifica di principe consorte ma porta il titolo di Duca di Edimburgo compirà la bella età di 90 anni può vantarsi di aver ricoperto il suo ruolo con abilità e simpatia. Questo a riprova che la scelta degli inglesi e specialmente della Regina, è stata felice.

….baùscia….

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Chi ha una certa età ed è nato o ha vissuto da diversi anni a Milano conosce questa parola che sino a non molto tempo fa era usuale nel gergo della grande città lombarda. Oggi non la si sente quasi più, forse a causa o per merito della televisione che ha insegnato a tutti a parlare in italiano eliminando certi termini dialettali, come appunto “baùscia” che veniva comunque inserito nel discorso anche se si parlava appunto in lingua e non in dialetto. Eppure questa breve parola concentrava nelle sue poche lettere un concetto chiarissimo che per coloro che milanesi non sono spiegheremo brevemente. “Quel lì l’è propi un bauscia” oppure: “Te se propi un gran bauscia” (Quello li è proprio un bauscia oppure: Sei proprio un gran bauscia)  Dove il termine in questione sta, per chi non lo avesse ancora capito, per sbruffone, o più letteralmente per uno che perde la bava tanto si sbrodola nel darsi delle arie. Uno che sa tutto anche se non sa niente, uno che ha la soluzione per ogni problema. E pensare che, come abbiamo appena detto, anche se il termine è stato quasi completamente eliminato, al contrario la categoria dei bauscia (con l’accento sull’u detto alla francese o alla milanese) non è affatto estinta anzi è più fiorente che mai e basta accendere il tasto della televisione per constatarne la presenza incombente. Senza fare elenchi di nomi uno dei più idonei a questo in fin dei conti bonario epiteto è quel politico il cui maggior vanto era il suo “celodurismo”. Ma non è il solo, ce ne sono altri che, magari con maggior classe  ma con sorrisi sarcastici cercano di demolire gli avversari con frasi sprezzanti o battute perfide, come  colui che ha definito il ministro Brunetta: “un gigante della politica” o la onorevole Rosy Bindi “più bella che intelligente”. Ma queste più che bausciate (termine derivante dal precedente) sono boutades…..

Qualche passo avanti…

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Ormai da circa 65 anni le parole “viva l’Italia” o l’inno di Mameli eravamo ridotti a sentirli solo durante le partite di calcio ma ora anche il Festival di San Remo ha capito che per fare  audience questi argomenti possono servire e allora ha coinvolto Roberto Benigni che, nobilitato da un Premio Oscar, ha assunto agli occhi dei fruitori di schermi e teleschermi una figura carismatica adatta al compito di ricordare agli Italiani che non è un peccato essere orgogliosi della nostra identità e che forse le nostre virtù sono maggiori dei nostri difetti. Quindi stiamo facendo qualche passo avanti rispetto all’orgia di auto-denigrazione che ci ha accompagnato specie nel settore cinematografico per alcuni decenni. In questa ottica va vista anche la (sembra definitiva) decisione governativa di dichiarare festiva la data del 17  marzo 2011 - relativa ai 150 anni dell’Unità d’Italia. Come ha già detto qualche altra voce autorevole il 17 marzo 1861 non fu proclamata ufficialmente l’unità del nostro Paese ma fu sancita la nascita del Regno d’Italia sotto la sovranità costituzionale della Casa di Savoia, un patto tra gli Italiani, che si erano battuti nelle guerre del Risorgimento e che poi avevano ribadito con i Plebisciti, e la Dinastia che aveva realizzato l’anelito unitario. Poi dato che la Storia è un divenire di eventi una limitata maggioranza di cittadini, il 2 giugno 1946,  decise che la Monarchia era una sovrastruttura superflua e preferì la forma repubblicana. Eppure nella consultazione per il referendum istituzionale ben 10.719.284 di Italiani si confermarono monarchici (e non si attese neppure il ritorno in Patria di migliaia di nostri concittadini ancora ex prigionieri di guerra) quindi ancora legati a quel patto inscindibile di fedeltà e di riconoscenza verso i Sovrani Sabaudi che avevano messo in gioco tutto ciò che possedevano per l’unione di tutti gli Italiani. Ebbene, certo sappiamo che il referendum non è una semplice consultazione elettorale che si replica ogni sei anni, di questi milioni di Italiani (ormai quasi tutti morti) non si parla mai, eppure non protestarono e operarono lealmente per la ricostruzione del Paese. Allora in questo Centocinquantesimo anniversario, che avrà un altro suo “clou” anche il 2 giugno con la presenza a Roma di molti Capi di Stato, non sarebbe il caso di onorare la memoria degli sconfitti del 1946, il Re Umberto II per primo, che non provocarono sommosse ma operarono per la pacificazione? Basterebbero poche parole ma concrete, o addirittura la sepoltura al Pantheon degli ultimi due Sovrani e delle loro Consorti; 10 milioni e 7 centomila Italiani ne avrebbero diritto e sarebbero ulteriori e positivi passi avanti per l’Unità, per la Storia e infine per l’Italia!

Svolta a sinistra

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Nelle due recentissime consultazioni elettorali, Amministrative per alcuni comuni anche importanti come Milano e Referendum su questioni vitali, gli esiti hanno denotato una decisa sterzata a sinistra dell’elettorato italiano, come hanno dovuto riconoscere a bocca storta anche i politici del centro-destra. Per quanto concerne i Referendum un errore colossale è stato commesso dal Premier che alla vigilia della consultazione ha dichiarato che non sarebbe andato a votare. Avrebbe invece dovuto dire, secondo la logica: “Andrò a votare e voterò no”. Il fatto che molti dei suoi supporters abbiano seguito il suo esempio, cioè abbiano disertato le urne, ha fatto apparire travolgente la vittoria dei sì dei suoi avversari. Altro sbaglio commesso dal Premier qualche settimana prima delle suddette votazioni è stata una categorica ed enfatica esternazione durante un incontro con un numeroso gruppo di esponenti di un movimento cattolico: senza che nessuno gli avesse fatto esplicita richiesta in merito, aveva dichiarato: “Fin che io sarò a capo di questo governo non approverò nessun matrimonio tra persone dello stesso sesso né adozioni di bambini da parte di singoli o di coppie omosessuali”. Dichiarazioni che per qualcuno potranno essere giudicate sacrosante ma inopportune e controproducenti a giudizio di potenziali elettori non dico intenzionati a convolare a nozze con un individuo del suo stesso sesso o in vena di adozioni innaturali, ma semplicemente giudicate anti-gay da parte di un vastissimo elettorato omosessuale o semplicemente simpatizzante. Cioè in parole povere quando un Politico si esprime in un comizio non deve dire: non farò questo né farò quello…” ma deve dire quello che intende fare, possibilmente di natura positiva… L’eterno braccio di ferro tra il Premier e i Giudici poi ha indotto molti benpensanti ad allontanarsi dalle posizioni cui avevano aderito mandandolo a Palazzo Chigi alle ultime politiche, a cui si sono aggiunti i particolari delle notti di Arcore e qui ci sono da sottolineare gli insulti delle donne per le frequentatrici di quei convegni e l’invidia degli uomini meno fortunati. Ecco quindi alcuni motivi della “Svolta a sinistra” svolta solo di tendenza perché teoricamente non dovrebbe avere conseguenze politiche.  Ma che costituisce un formidabile campanello d’allarme per chi si era addormentato sugli allori o un impulso come dire: “Svegliatevi” per chi vorrebbe subentrare all’attuale manovratore nella stanza dei bottoni.